Pianta erbacea perenne nella famiglia delle Poaceae, di probabile origine asiatico occidentale.
La dispersione nel mediterraneo è dovuta all’uomo in era remota pertanto è considerata un’archeofita. Per convenzione sono considerate tali le piante introdotte prima della scoperta dell’America. Tuttavia anche se, per mezzo dell’uomo, alcune specie esotiche si sono naturalizzate e sono presenti da epoche lontane non si può evitare di considerarne l’invasività a scapito della flora nativa. Il termine archeofita significa soltanto che con capacità avventizie di conquistare nuovi spazi c’è un impatto ambientale che perdura da maggior tempo.
Oggi è diffusa in gran parte del globo e dunque inserita nell’elenco delle 100 specie esotiche invasive più dannose al mondo.
Questa diffusione ad opera dell’uomo è avvenuta per i molti usi a cui la pianta si presta, da sempre, anche in epoca contemporanea.
Gli ambienti in cui si rinviene non hanno altitudini al di sopra dei 700 m sul livello del mare e predilige zone umide.
In Italia è diffusa in tutta la penisola.
Presenta rizomi legnosi dai quali parte un cospicuo apparato di radici.
Il fusto cavo e robusto, con evidenti nodi, generalmente raggiunge i 6 m di altezza, ma in condizioni ideali questa misura può essere superata.
La crescita maggiore avviene in terreni profondi e con presenza di acqua nel suolo.
Le foglie sono alternate, di colore grigio-verde, a forma lanceolata e con margini taglienti.
L’infiorescenza che appare alla fine dell’estate è un pennacchio violaceo.
I fiori sono monoici pertanto l’impollinazione è anemogama, tuttavia con frequenza i semi non sono fertili e la continuità della specie è affidata all’espansione dei rizomi e a gemme vegetanti agli internodi del fusto.
Sistemi riproduttivi tanto efficaci che l’avanzata del canneto costituito da questa specie conosce poche barriere andando a formare fitte macchie che sottraggono spazio ad ogni altro tipo di vegetazione.
La rimozione o il contenimento sono difficili e presentano costi elevati necessitando dell’impiego di escavatori. Tali bonifiche dovrebbero essere totali per eliminare ulteriori rischi di propagazione tramite frammentazione dei rizomi o dei fusti con gemme. Buoni esiti si sono ottenuti con il glifosato o altri erbicidi di tipo chimico, la combustione ha invece effetto contrario portando a crescite maggiori.
Anche se acclarata l’invasività della specie da anni se ne elogiano le caratteristiche per la produzione di biomassa ad uso combustibile e come fonte di cellulosa per l’industria della carta.
Emilio Martiello
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